Mentre si continua a parlare di reunion, esce questo album che fotografa l’ultimo concerto giapponese della formazione denominata Mark IV. Buoni spunti, ma la mancanza di Blackmore si fa sentire.
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Live — Playing The Fool
Disco dal vivo (doppio in origine, singolo su CD), che raccoglie i momenti migliori del lunghissimo tour mondiale del 1975-1976, con molti classici del primo periodo. È la conferma di una perfezione tecnica e strumentale in grado di ripetere anche sul palco le suggestive complessità del repertorio classico.
Low
Esce il film L’uomo che cadde sulla terra, ma il richiamo del cantante al botteghino non è quello sperato. Consunto e confuso, l’artista Bowie torna a reclamare alla star Bowie il proprio spazio vitale: armi e bagagli vengono portati nella fatidica Germania, dove in un ormai leggendario "periodo berlinese" il cantante torna a cavalcare l’avanguardia.
Al punk risponde con un ansioso disco elettronico, non del tutto compiuto ma attraversato da folate affascinanti: Speed Of Life, Always Crashing In The Same Car, Be My Wife, What In The World. Ma più che le canzoni colpiscono gli inquietanti sottofondi strumentali ispirati dalla frequentazione di Brian Eno.
Blondie
Quando nel 1977 pubblicano il primo album, i Blondie hanno già un seguito, cui propongono un pop rock che guarda ai Sessanta e contrasta con la cupezza e il furore ostentati dalle band che condividono quella particolare scena.
This Is The Modern World
Troppa fretta e troppo impeto non giovano ai Jam, che al secondo album si attorcigliano un po’ su se stessi. Weller sferra un paio di unghiate feroci (The Modern World, Standards), svela già una certa raffinatezza di scrittura (I Need You) e interpreta con baldanza giovanile In The Midnight Hour di Wilson Pickett. Ma troppe canzoni (soprattutto il paio firmate dal bassista Foxton) non si sollevano dall’anonimato.
In The City
Da Woking, cintura di Londra, Paul Weller, Bruce Foxton e Rick Buckler infiammano il mod revival: capelli corti, cravattino e chitarre di marca rigorosamente Rickenbacker. Il disco di debutto è grezzo, magari poco personale ma attraversato dalla corrente elettrica del punk rock imperante (Art School, la title track). Beat e r&b la fanno da padrone, la ripresa anfetaminica del Batman Theme televisivo è un omaggio ai Sixties e agli Who, Slow Down era nel repertorio dei primi Beatles, Away From The Numbers fa già capire che Weller non ci sta a restare nascosto nel gruppo.
Spiral Scratch
Mini album di debutto di pop-punk serrato e orecchiabile che ha nell’ironia dei testi la sua arma in più.
Donovan
Interrotto il lungo rapporto con la Epic, lo scozzese viene accolto presso l’etichetta del suo vecchio produttore Mickie Most, il quale porta il suono verso un rock meno arrangiato e più duro, con qualche minima traccia di punk.
Sweet Passion
Non Disponibile
Tecadisk
Disco di ballabili (molto spesso in senso lato) cantati in inglese. Operazione studiata molto a tavolino: il coinvolgimento del ragazzo della via Gluck è scarso. Anche per le distrazioni date dai sempre più numerosi successi cinematografici (negli anni ’70 è uno degli interpreti che garantisce a priori il successo di una pellicola).
Powerhouse
Compilazione di inediti 1969-1973, di cui 4 dal vivo.
Disco Dance
Non Disponibile
The Beach Boys Love You
15 Big Ones ha segnato il rientro ufficiale di Brian Wilson in formazione, nel ruolo di produttore. Qui invece si prende cura quasi da solo di tutto il disco, facendo sentire la propria presenza soprattutto sul fronte delle com"posizioni, che presentano subito tutt’altro spessore.
My Aim Is True
Un album capace di unghiate graffianti (l’offensiva antifascista di Less Than Zero) ma anche di squisitezze melodiche ignote ai suoi coetanei (Alison, pietra di paragone per tutta la sua produzione successiva).
La ristampa più recente di questo e di molti dischi successivi (Demon/Edsel in Gran Bretagna, Rhino negli Usa) aggiunge al programma originale un secondo CD di demo, alternate take, brani dal vivo e rarità del periodo (tra i bonus, in questo caso, figura anche una cover di I Just Don’t Know What To Do With Myself di Burt Bacharach), scrupolosamente annotati nelle note di copertina redatte ex novo dallo stesso musicista.
Slowhand
Clapton ha ormai cambiato pelle ed è l’idolo dei giovani adulti benestanti, non più dei cercatori di forti emozioni super blues. Qui indovina il repertorio, con alcuni brani che saranno fissi nella sua scaletta per anni: da Mean Old Frisco a Lay Down Sally, da Cocaine (J.J. Cale) alla ballatona melodica di Wonderful Tonight.
One Day In New York
Non Disponibile
Let There Be Rock
Sbarcano in Inghilterra da perfetti sconosciuti e tornano in patria come future stelle. Questo disco li porta per la prima volta in classifica in Europa, grazie anche a canzoni formidabili come Overdose, Whole Lotta Rosie e la title track. Uno dei classici della loro lunga discografia.
Before And After Science
Eno chiude il suo periodo "canzonettistico" con l’album forse migliore, illuminato da belle canzoni come No One Receiving, King’s Lead Hat, la struggente By This River.
Una felice idea di canzone d’autore non seriosa ma spumeggiante, con folgoranti testi che amano gli spazi ridotti e paiono haiku giapponesi. Nella prima edizione del disco 4 disegni a colori di Peter Schmidt, suggestivi squarci di una realtà senza la presenza umana che dice qualcosa del percorso musicale.
The Clash
White Riot e Complete Control sono concitate e febbrili come un reportage dal fronte, Garageland è una appassionata dichiarazione di identità, Police & Thieves (di Junior Murvin) il prototipo di una mistura reggae-rock incendiaria come una molotov. L’edizione americana (Epic, 1979) scompagina la scaletta originale ma include altre pietre miliari: il rock fuorilegge di I Fought The Law e (White Man)In Hammersmith Palais, altra irresistibile incursione nella musica giamaicana.
1977
l titolo del disco non è un omaggio alla data di pubblicazione di The Clash e Never Mind The Bollocks, bensì l’anno di nascita di Wheeler e del bassista Mark Hamilton. Nonostante la giovane età, la band confeziona un riuscitissimo tentativo di sposare melodie pop e sonorità punk. Godibile e a tratti entusiasmante, con due singoli-capolavoro come Girl From Mars e Oh Yeah.
Boomtown Rats
Un esordio in piena epoca punk per la band irlandese, guidata dall’ex giornalista rock Bob Geldof: contiene i brani dei primi due 45 giri (Looking For No.1 e Mary Of The Fourth Form, entrambi in classifica), nervosi, aggressivi, tirati ma il resto del disco è rock più classico, robusto, ispirato più agli Stones e alle ballate di rock urbano di Springsteen (Joey’s On The Street Again) che ai tipici canoni del punk.
The Beatles At The Hollywood Bowl
L’unico disco dal vivo dei Beatles (a Llos Angeles nel 1964 e 1965) documenta un’epoca di isterica dedizione del pubblico giovane ma conferma che i Favolosi non sono passati alla storia per quanto hanno fatto sul palco.
È un altro titolo scomparso dal catalogo, anche perché era registrato maluccio.
Damned Damned Damned
Mentre i Sex Pistols richiamano l’attenzione dei media, sono i Damned a incidere quello che è considerato il primo singolo punk della storia, New Rose. L’album, prodotto da Nick Lowe, li cattura nella loro scarna, beffarda aggressività. Essendo i meno complessi del mazzo, suscitano un certo interesse in America.
Young, Loud And Snotty
Leggendaria Sonic Reducer, la "Kick Out The Jams" dei Dead Boys e di tutto il ’77; con Ain’t Nohing To Do e Caught With The Meat In Your Mouth, per non dire delle urla di strazio di Down In Flames, aderisce visceralmente a una nuova storia tutta da scrivere, il punk negli Stati Uniti.
Before We were So Rudely Interrupted
In piena era punk e grazie a un’idea di John Steel, i cinque (ex)ragazzacci della working class di Newcastle si ritrovano per rinverdire i fasti del passato. L’ultima volta era successo nel 1968 per un concerto natalizio a Newcastle.
Prodotto da Chandler e ancora segnato dalla vocalità prepotente di Burdon, dalle tastiere asciutte ed eleganti di Price e dall’onesta presenza di Hilton Valentine e John Steel, l’album propone una tipica scaletta Animals: da Lonely Avenue di Doc Pomus, cavallo di battaglia di Burdon, alle intense riletture della dylaniana It’s All Over Now, Baby Blue e di Many Rivers To Cross di Jimmy Cliff.
Simple Things
Carole volta pagina e ingaggia una rock band, i Navarro, per un album di rock soffice e radiofonico con molte chitarre e tematiche ambientaliste sviluppate in modo spesso superficiale. Gli oltre sei minuti di God Only Knows provocano qualche sbadiglio, Hard Rock Cafè è divertente ma troppo simile a La Bamba.
Draw The Line
È un album considerato minore, ma che mantiene intatta l’energia del passato, pur non aggiungendo nulla sul piano delle idee. La title track diventa uno dei cavalli di battaglia del repertorio dei concerti.
Crosby/Nash Live
La storia dei due si conclude con un disco dal vivo ricavato da vari concerti del 1975 e 1976, con una buona scelta di brani e il finale di Deja Vu.
Figli delle stelle
Con un sound incredibilmente leggero e americano, Sorrenti sfonda grazie alla title-track, uno dei brani più disprezzati dalla critica italiana, ma a tutti gli effetti una gemma: l’unico brano di disco-music italiana degno di stare alla pari della produzione di Chic e Donna Summer. Il resto del disco purtroppo è contorno, pericolosamente vacuo, una ricerca della leggerezza (Donna luna) con pochi guizzi di livello.
Plastic Letters
Valentine lascia, ma arrivano Frank Infante (chitarra) e Nigel Harrison (basso). Il singolo Denis Denis diventa il primo hit del sestetto — in Gran Bretagna, paese che li ama e li adotta per primo. Il disco tuttavia sembra inciso in fretta, per la paura di non capitalizzare in un momento così favorevole per le nuove band di New York.