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Residents

Formatisi in Louisiana all’inizio degli anni ’70 ma trasferitisi ben presto a San Francisco, i Residents hanno coltivato fin dall’inizio un’immagine pubblica misteriosa: non si conoscono i loro nomi, non hanno mai rilasciato interviste e si sono sempre esibiti dal vivo con le facce coperte (famose le loro maschere a forma di bulbo oculare). Pubblicano i primi dischi (l’EP Santa Dog e l’album Meet The Residents) in edizioni limitate stampate dalla loro stessa casa discografica, la Ralph Records. Negli anni successivi, la Ralph allarga il suo catalogo pubblicando dischi di artisti come i Tuxedomoon, Fred Frith, gli Half Japanese e il chitarrista Philip “Snakefinger” Lithman, spesso impegnato anche con i Residents. Prima di questa esplosione di attività, la band e l’etichetta non ottengono grande attenzione. Solo l’arrivo del punk e il conseguente interesse per le stranezze e le provocazioni apre degli spazi anche per i montaggi di nastri, le voci deformate e i suoni alieni architettati dai Residents, che si guadagnano una reputazione di culto crescente grazie a prove come il singolo Satisfaction, una versione massacrata del successo dei Rolling Stones. La rilettura stravolta di materiale celebre sarebbe rimasta una caratteristica del gruppo anche in seguito, ma parallelamente i Residents hanno sviluppato concetti più complessi e ambiziosi, come la cosiddetta “Mole trilogy”, una saga basata sullo scontro fra due civiltà fittizie, sviluppatasi negli anni ’80 tra album di studio e spettacoli dal vivo che hanno rischiato di ridurre il gruppo in bancarotta. Superati i guai finanziari, il gruppo ha continuato a produrre bizzarri lavori concettuali, sfruttando negli anni più recenti le possibilità dei nuovi strumenti elettronici, del CD-ROM e di Internet. Si possono considerare come un’istituzione del rock d’avanguardia, anche se dagli anni ’90 in poi hanno offerto soprattutto materiale d’archivio e registrazioni live.