Album,  Pj Harvey,  U

Uh Huh Her

Un ritorno alla forma cruda dei primi dischi, se non dei demo, per un album eterogeneo simile a una collezione di schizzi. PJ si autoproduce secondo una sua rigida lettera (“se stai lottando con una canzone, togli quello che ti piace”). Ciò che conta davvero alla fine sono la voce e le storie; e i frammenti musicali, come la limatura blues sparsa intorno a Bad Mouth e The Letter, la poesia di Shame, No Child Of Mine, il glam chiassoso e anti machista di Who The Fuck?. Nessuna concessione o affabilità, bisogna convincersi a entrare nei solchi di questo disco ruvido e pieno di spine.