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Korn

All’improvviso, un gruppo californiano esordiente deposita l’incastro perfetto tra metallo pesante e hip hop, rendendo reciprocamente irreversibili le modifiche di struttura e inconscio musicale tra i due generi. Lo specifico dei Korn sono il riff di chitarra a sette corde — i due chitarristi sono Munky (James Shaffer) e Head (Richard Welch) — alienante al limite della atonalità, il basso slappato di Fieldy (Reginald Arvizu), il metro sincopato e possente della batteria di David (David Silveria) e la voce di Jonathan Davis, o meglio le sue più voci schizofrenicamente in una. Le tonanti Blind, Faget e l’iperrealismo psicanalitico di Daddy sono le canzoni capaci di squadrare da ogni lato l’animo afflitto e in perenne angoscia del cantante. Korn è uno snodo importante per l’heavy metal, con un dopo che verrà chiamato nu metal, blend machista e spesso più scaltro che creativo di cui i Korn hanno la formale responsabilità oggettiva. Quello che è certo è che nel 1994 il quartetto di Bakersfield suona come nessun altro.