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London Calling

L’odio-amore nei confronti dell’America, vista come terra di radici musicali e di complotti internazionali, scaraventa i quattro londinesi in una nuova dimensione: il terzo disco, doppio, è un’enciclopedia di suoni che non dimentica l’ardore punk (Clampdown e l’incandescente title-track) ma si espande con entusiasmo incontenibile fino ad includere il jazz da club afterhours, il rockabilly (la cover di Brand New Cadillac), ballate in stile Spector, ska/reggae rivoltosi e pulsante pop-rock (la traccia fantasma Train In Vain).

Tutto perfetto, rètro e moderno al tempo stesso: dalla copertina ("lettering" in stile primo Elvis, la foto in bianco e nero di Simonon che distrugge il basso sul palco), alla produzione scintillante ed asciutta del mago Guy Stevens, fino alle (grandi) canzoni, che parlano di violenza urbana (The Guns Of Brixton) e terrorismo basco (Spanish Bombs) in un utopico e febbrile anelito di internazionalismo rock.

L’edizione del venticinquennale, su doppio CD, regala un nutrito gruzzolo di demo (anche inediti, i cosiddetti "Vanilla tapes") saltati fuori dai cassetti di Mick Jones e, nella sezione DVD, interviste, filmati dal vivo e un documentario di 45 minuti girato in studio dal video maker giamaicano Don Letts.