Album,  Mark Lanegan,  W

Whiskey For The Holy Ghost

Assistito da Mike Johnson e da un turnover di musicisti Mark dona unità a quanto registrato in tempi e luoghi diversi nel corso di tre anni difficili. La sua è un’emanazione vocale alcolica e tabagista (almeno, si limitasse a quello), alito di un ectoplasma divino quanto demoniaco che lascia spesso il regno della materia per trasformarsi in emozione pura. Gli arrangiamenti (valga il freak show di Carnival, tra il tinnire della chitarra acustica di Johnson e lo sfregare del violino di David Krueger) la circondano di sogni come l’aureola evocata in Kingdoms Of Rain (preghiera caveiana velata di nero fumo) e la sospingono talora in drammatici pendii (Borracho). Del sentire musicale di Lanegan, che ha tratti quasi speculativi, il pittoricismo di River Rise è un capolavoro autentico: il riflesso notturno dell’acqua che monta in sonoro silenzio é una metafora visiva potente come l’uno-due armonico di Pendulum (moto circolare con schiarite verso l’alto). Tra tutti gli alfieri e poi reduci dell’epopea grunge la carriera solista più intensa e di qualità appartiene proprio alla voce degli Screaming Trees.