Album,  H,  Phish

Hampton Comes Alive

La più imponente, finora, documentazione discografica delle epiche prodezze live dei Phish è un cofanetto che riproduce per intero due concerti (20 e 21 novembre 1998) all’Hampton Coliseum di Hampton, Virginia. In mostra tutto il meglio (o peggio, per i detrattori) della band: groove e vibrazioni “cosmiche”, goliardia lunatica e scorribande improvvisative (Stash, Split Open And Melt, Harry Hood, Divided Sky, Simple, l’ispirata sequenza Possum/Roggae) che si avventurano spesso su sentieri impervi, cubi di Rubik musicali che approdano, secondo i casi, dalle parti dei Grateful Dead e degli Yes, dei Talking Heads e della Mahavishnu Orchestra di John McLaughlin. Molte, e eterogenee come di costume, le interpretazioni di brani altrui, unendo sacro e profano, antico e moderno: Gary Glitter e Dylan, Beatles e Will Smith, Stevie Wonder e Beastie Boys, Hendrix e i Chumbawamba di Tubthumping.