Album,  E,  Liz Phair

Exile In Guyville

La “main street” dei Rolling Stones, luogo di deriva, dissoluzione e incontri sessuali frettolosi e stropicciati, rivista in prospettiva femminile e senza peli sulla lingua. La Phair orbita già da qualche tempo nel circuito underground di Chicago, e ha materiale per un doppio album (proprio come gli Stones di Exile On Main Street): ma più che ricalcare Jagger e Richards, evocati al più in qualche riff (Mesmerizing), il suo è un cantautorato introspettivo, scabro e rigorosamente a “bassa fedeltà” che usa parole forti (6’1″, Fuck And Run), chitarre a nervi scoperti (Help Me Mary, Never Said, Johnny Sunshine, Strange Loop), armoniche folk (Soap Star Joe) e arpeggi acustici (Glory), feedback (Shatter) e pianoforti scordati (Canary) per esprimere disorientamento generazionale e spazzar via ogni residuo mitchelliano dallo stereotipo della “ragazza con la chitarra”. Village Voice e Rolling Stone, bibbie della stampa rock americana, inneggiano al capolavoro; Alanis Morissette e le sue epigone trovano una strada aperta.