Album,  D,  Mercury Rev

Deserter’s Song

Di più e diverso. Deserter’s Songs ha le migliori canzoni che il gruppo sin lì abbia scritto e la cornice più leggiadra e sfarzosa; vi sfila più o meno tutta la canzone americana d’autore del dopoguerra. Qui, più che riscoprire il passato, il gruppo prova a reinventarselo e ci riesce. Movimenti di musica leggera come l’ouverture Holes (da un quartetto d’archi all’assolo blu di sax), e come il balletto a sonagli di Tonight It Shows ripercorrono insieme lo spazio-tempo di Tin Pan Alley, Broadway e Hollywood. La più aulica calligrafia pop, con una sfericità barocca che stempera ogni rumore, inserisce i trick psichedelici e jazz in un amplesso di tastiere (anche i mellotron e wurlitzer di Adam Snyder), voci di soprano, violini, sassofono, trombone, corni, contrabbasso. Ma stavolta non è l’arrangiamento a fare la canzone, semmai è l’esatto contrario.