Album,  C,  Feelies

Crazy Rhythms

La rivincita dei “nerds” di provincia (in copertina il quartetto sfoggia aria studentesca e occhialoni da secchioni) parte da Haledon, New Jersey: luogo d’origine di una band che, nel primo disco, compendia una lezione insuperata di minimalismo e understatement musicale, filtrando la lezione dei Velvet Underground attraverso la nuova onda elettrica di Television e Talking Heads. Glenn Mercer e Bill Million, songwriter e chitarristi, intrecciano fibre sottili e nervose con precisione geometrica e senso del climax, sospinti da quella poderosa fabbrica di poliritmi che è la batteria di Anton Fier (poi nei Golden Palominos): la musica dei Feelies, come spiega il titolo della prima canzone-manifesto (The Boy With The Perpetual Nervousness), è davvero in preda a un moto ininterrotto costruito per sottrazioni ed accumulazioni, e suona provocatoriamente cubista anche nei ritornelli apparentemente più innocui (Fa Ce La, Original Love, la beatlesiana Everybody’s Got Something To Hide Except For Me And My Monkey). In molti, a dispetto dell’insuccesso commerciale, ne prenderanno nota: dai R.E.M. ai Violent Femmes, fino al regista Jonathan Demme che li vorrà sul palco (in una delle loro numerose incarnazioni, i Willies) per una scena chiave del film Qualcosa di travolgente. La ristampa su etichetta A&M, di dieci anni successiva, include una versione di Paint It, Black dei Rolling Stones.