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The Monkees Music Box

I Monkees costituiscono uno dei più clamorosi fenomeni della scena americana degli anni ’60 e allo stesso tempo un perfetto esempio di come lo show business americano sia in grado di imporre dall’alto qualsiasi cosa, a cominciare da una band costruita a tavolino. Davy Jones, Peter Tork, Mickey Dolenz e Michael Nesmith diventano Monkees nel 1965, rispondendo a un annuncio sui giornali, e il fatto che sappiano suonare o cantare è del tutto ininfluente perché la Columbia e la casa di produzioni cinematografiche Screen Gems mettono in piedi una formidabile macchina commerciale, con i migliori sessionmen e compositori disponibili. Dal settembre 1966 i Monkees sono protagonisti di una lunga serie di fortunati telefilm per adolescenti (ispirati ai primi film dei Beatles), che alternano situazioni inverosimili e scioccherelle a canzoni dal taglio beat, in un chiaro tentativo, riuscitissimo peraltro, di sfruttare “dall’interno” il fenomeno della British Invasion. Almeno all’inizio il successo è travolgente, e consente anche la pubblicazione di ben 10 LP, di una famosa e stravagante pellicola (Head) e molte canzoni più o meno belle (quasi tutte suonate da turnisti), tra le quali si ricordano soprattutto Last Train To Clarksville, A Little Bit Of Me A Little Bit Of You, Pleasant Valley Sunday, Daydream Believer, Valleri e la più famosa di tutte, I’m A Believer (il pubblico italiano avrà anche un 45 giri in lingua, Il tema dei Monkees). Soldi a palate per tutti, fino a quando il giocattolo si rompe, sia per l’esaurimento del potenziale commerciale al confronto con le nuove musiche, sia perché i quattro chiedono maggior spazio e soddisfazioni personali. I Monkees si sciolgono ufficialmente nel 1970, ma già nel 1975 va in scena una mezza reunion, con Dolenz e Jones affiancati dalla coppia di compositori Boyce & Hart (un solo LP nel 1976 che spende i nomi dei quattro, più un live postumo nel 1981). Negli anni ’80, in tempo di revivalismo sixties, anche i Monkees vengono rispolverati e rimessi in bella vista, con una serie successiva di iniziative: una dozzina di album antologici o inediti pubblicati dalla Rhino, il 20th Anniversary Tour del 1986 (che produce un disco con lo stesso titolo), una raccolta di nuove e mediocri canzoni (Pool It!, Rhino, 1987 &Stelle=2;), e una ulteriore operazione discografica che rimette in circolazione tutti gli LP originali più altri dischi con inediti. Nei ’90 è la volta delle riedizioni CD ampliate con molte bonus track, e nel 2001 del cofanetto “definitivo” della Rhino che, siamo quasi certi, avrà modo di sfruttare ancora il redditizio nome del gruppo in futuro.