Album,  C,  robert wyatt

Cuckooland

Wyatt ha un passo molto lungo, troppo per gli odierni tempi del rock (sei anni dall’ultimo disco) ma giusto per la sua vena, lieve, attenta agli umori della vita e di questi anni (il titolo allude a un “mondo impazzito”). Ancora una volta si dimostra artista straordinario, di una sensibilità quasi scomparsa nel lucente mondo del rock, apparentemente vecchia, superata, eppure così attuale. La sua voce, fragile e malinconica, si rivela una delle più emotive e comunicative mai sentite su disco. Arrangiamenti molto jazzati, toni intimistici, come nei due altri capolavori, Rock Bottom e Shleep, al fianco dei quali questo disco regge bene il confronto. Partecipano i soliti amici e colleghi, da Manzanera a Brian Eno, Paul Weller, e anche David Gilmour. A testimoniare la totale non appartenenza al mondo musicale di oggi, Wyatt divide il disco in due parti, separate da 30 secondi di silenzio, come quando si giravano i vecchi LP.