Weller non nasconde le sue ambizioni e pensa ad un concept album ispirato a tre personaggi archetipi. Il progetto non prende corpo, ma il nuovo disco suona ugualmente compatto e unitario: l’interplay dinamico di chitarra, basso e batteria scatena fuoco e fiamme nelle cavalcate furibonde di Private Hell e Thick As Thieves e nell’incedere marziale di Eton Rifles. Lo stesso trattamento brutale è riservato ai ritmi Motown di Heatwave (Martha & The Vandellas: al piano c’è Mick Talbot, futuro alter ego di Weller negli Style Council), mentre il lato melodico e intimista della band di Woking si rivela tra i flauti e le chitarre acustiche di Wasteland e nella bella riscrittura “da camera” di Smithers-Jones, il miglior brano di Foxton già edito su singolo in versione rock/elettrica.
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San Francisco Days
Più acustico dei precedenti, indica la volontà di sganciarsi da un cliché divenuto fin troppo ingombrante dopo il successo planetario di Wicked Game. In linea con il suono e il mondo poetico e musicale di Isaak la cover di Solitary Man di Neil Diamond.
45 rpm: The Singles, 1977-1979
Dedicato ai nostalgici del vinile: tutti singoli dei Jam, lati A e lati B, in ordine cronologico e suddivisi in due cofanetti. Il box quintuplo uscito quattro anni prima lo renderebbe un acquisto quasi superfluo, non fosse che i box sono molto ben confezionati, contengono anche b-side dal vivo e, soprattutto, i videoclip di numerosi brani nella porzione “enhanced” dei CD.
Live In Australia
Disco dal vivo registrato in Australia nel 2006.
American VI
Non Disponibile
Listen Like Thieves
La band sta acquistando sempre maggiore sicurezza e fiducia nel proprio sound. Da un lato la dance-rock ammiccante di What You Need, Listen Like Thieves, Kiss The Dirt. Dall’altra, ballate piacevoli come This Time e Shine Like It Does.
This Is The Modern World
Troppa fretta e troppo impeto non giovano ai Jam, che al secondo album si attorcigliano un po’ su se stessi. Weller sferra un paio di unghiate feroci (The Modern World, Standards), svela già una certa raffinatezza di scrittura (I Need You) e interpreta con baldanza giovanile In The Midnight Hour di Wilson Pickett. Ma troppe canzoni (soprattutto il paio firmate dal bassista Foxton) non si sollevano dall’anonimato.
Speak Of The Devil
Pur restando legato al suo stile, Isaak tenta sempre di aggiungere nuove sfumature alle canzoni che incide. Questo disco ne è l’ulteriore testimonianza. La sua inquieta sensualità riceve nel ’99 un importante riconoscimento: Stanley Kubrick gli affida la composizione del tema di Eyes Wide Shut.
Always Got Tonight
Nessuna novità di rilievo, ma sempre e comunque delle canzoni affascinanti e romantiche — Courthouse, Life Will Go On, Cool Love, I See You Everywhere, Nothing To Say. E in American Boy, Isaak ironizza un poco sulla sua immagine.
The Swing
Stabiliscono un contatto con Nile Rodgers degli Chic, che in quel periodo parla la loro stessa lingua dance-rock con Bowie e i Duran Duran. Notevole la capacità di produrre brani a facile memorizzazione; il singolo Original Sin è il brano che definisce compiutamente il loro sound, ma ancora non riesce a farli sfondare.
Best Of Chris Isaak
Una raccolta che riprende successi come Wicked Game (tutti regolarmente rimasterizzati) e che nell’elegante versione digipack con DVD raccoglie videoclip sovente firmati da nomi prestigiosi (Bruce Weber, Herb Ritts e Gus Van Sant).
Look Sharp!
Un altro giovane arrabbiato e linguacciuto si affaccia sulla scena post-punk inglese, sulla scia di Graham Parker e di Elvis Costello. Con il primo condivide uno stile pub-rock scattante ed asciutto (One More Time, la velocissima Got The Time); con il secondo la sapienza melodica e un gusto rètro raro per i tempi (il primo singolo Is She Really Going Out With Him?). Alla saporita ricetta Jackson aggiunge ritmi giamaicani (Fools In Love, Sunday Papers) e sincopati di vaga matrice jazz (Look Sharp!).
Devil’s Playground
Dopo dodici anni in cui ha pagato per i suoi eccessi, torna a sorpresa e si rivolge direttamente a chi lo seguiva negli anni Ottanta. Senza nemmeno pensare a proporsi come un altro, come nella parentesi cyberpunk. Anzi, ricompone il team vincente: il chitarrista Steve Stevens e il produttore Keith Forsey. Il risultato è uno dei suoi dischi migliori, con il bonus di una voce matura che aggiunge una credibilità che ai tempi delle smorfiette andava e veniva.
Dig The New Breed
Per molti giovani inglesi lo scioglimento dei Jam è un dramma nazionale: si consolano con questo regalo postumo, compilato pescando in sequenza da esibizioni live che partono dagli assalti all’arma bianca del ’77 per arrivare al tour di The Gift (con tanto di fiati) dell’aprile ’82. Performance davvero elettriche, come promette lo strillo di copertina, con molti classici e qualche ripescaggio sfizioso (la cover rock di Big Bird, soul sudista di Eddie Floyd): ma per i palati odierni il piatto è un po’ troppo magro.
The Jam At The BBC
Weller, Foxton e Buckler alla radio inglese, minuto per minuto, da In The City a Boy About Town, dal primo album a The Gift, in studio e in concerto. Un modo alternativo per ripercorrere un’epopea breve e bruciante, le Rickenbacker sferzanti del mod revival e le sezioni fiati del neo-soul inglese (con una tumultuosa versione di Sweet Soul Music). I primi quattro pezzi, registrati nell’aprile ’77 per le session di John Peel, erano già stati pubblicati nel ’90 dalla Strange Fruit in un EP in vinile dal titolo The Peel Sessions .Un terzo CD, incluso solo nella prima tiratura, riporta alla luce per intero la torrida esibizione del ’79 al Rainbow di Londra da cui il precedente Live Jam aveva pescato alcune selezioni.
The Best of INXS
Cyberpunk
Addio al look ossigenato, si ripresenta con treccioni rasta e un disco techno-beat ispirato dalle opere di William Gibson. Tentativo generoso, ma ora Billy si accorge di qual era la sua credibilità di artista: il disco è del tutto rifiutato dai vecchi fan e non ne trova di nuovi.
Wicked Game
È la raccolta destinata a far tesoro dell’immensa popolarità di Wicked Game. Per ringraziare Lynch c’è anche la versione strumentale. Inutile dire che è anche il disco più venduto di Isaak.
Interpol
Già chiusa la parentesi Capitol, i newyorchesi tornano all’ovile (la Matador) ma devono registrare la defezione del bassista Carlos D, per l’ultima volta al lavoro con la band. Anche sul piano musicale, l’album, complice la produzione di Alan Moulder, è più vicino ai primi due LP, tra ballate ombrose e il tiro ritmico quasi ballabile del singolo Barricade.
Whiplash Smile
Tre anni di pausa a godersi il successo, ma il suo attesissimo ritorno sulla scena delude parzialmente le attese dei fan: musicalmente è cambiato poco o nulla, qualche canzone da salvare c’è, come Sweet Sixteen su tutte, ma è troppo poco. Idol dimostra di essere privo di nuove idee vincenti.
Charmed Life
Altra lunghissima pausa: al buon Billy fare l’artista interessa meno che godersi la vita. Il disco comunque è meglio di quanto si poteva sperare, sicuramente il più ragionato della sua carriera. Tuttavia poco dopo la pubblicazione il cantante ha un drammatico incidente motociclistico e rischia l’amputazione di una gamba. Deve girare con un bastone, e nel video di Cradle Of Love è inquadrato dalla vita in su.
Silvertone
Amori impossibili e sfortunati, il romanticismo dei giovani ribelli senza causa degli anni ’50, una voce che ricorda il meglio di Roy Orbison e di Elvis Presley, l’aspetto affascinante di un divo hollywoodiano: ecco gli elementi che caratterizzano l’esordio del californiano Chris Isaak (1956). Scoperto e prodotto da Erik Jacobsen, già artefice del successo dei Lovin’ Spoonful, Isaak ha dalla sua una scrittura matura e consapevole, e soprattutto un chitarrista del calibro di James Calvin Wilsey, che riecheggia nel suo stile Hank B. Marvin degli Shadows e le colonne sonore dei western di Ennio Morricone. Particolarmente suggestive Talk To Me, Back On Your Side e Funeral In the Rain. Un esordio di tutto rispetto.
Rebel Yell
Icona ribelle perfetta per la MTV generation, Idol interpreta con piglio impeccabile la sua parte di bello e impossibile, grazie ad altri singoli di grande presa tra i quali la sontuosa Eyes Without A Face, uno dei gioielli pop del decennio, ma anche Rebel Yell, Flesh For Fantasy, Blue Highway.
Shine Like It Does. The Anthology (1979-1997)
Una ricca retrospettiva in doppio CD che copre tutta la carriera del gruppo australiano.
Underneath The Colours
La ruspante miscela pop-rock del sestetto australiano si mantiene piuttosto fresca ed effettivamente più eccitante di molte cose che riempiono le classifiche mondiali. L’ulteriore successo casalingo induce l’americana Mercury a interessarsi alla band del Mick Jagger degli anni ’80, Michael Hutchence.
JOE JACKSON BAND: Beat Crazy
Incoraggiato da una riuscita cover di The Harder They Come di Jimmy Cliff (disponibile solo su EP e su alcune antologie), il musicista inglese si tuffa a capofitto negli abissi del reggae, del dub e dello ska giamaicano. Ci perde qualcosa in immediatezza: ma la title track, percussiva e tribale, è uno dei pezzi più divertenti e graffianti in repertorio, Mad At You un interessante esercizio di new wave psichedelica, One To One e Biology ulteriori esempi di uno sguardo acuto e ironico sui rapporti tra i sessi.
Essential
Altro best of che contiene tutti i maggiori successi dell’ex cantante dei Generation X (compreso un brano della sua vecchia band).
Extras
Ventisei rarità, tra lati B, provini, versioni alternative e inediti. Un percorso interessante, che recupera altri brani di valore fino ad allora disponibili solo su singolo (la versione di studio di Move On Up, il McCartney cool jazz di Shopping e il Philly Sound di Stoned Out Of My Mind, tutte riprese dall’ultimo, doppio singolo Beat Surrender; l’affascinante Liza Radley, Eleanor Rigby welleriana qui proposta in versione demo), cover di Beatles (And Your Bird Can Sing), Who (So Sad About Us, Disguises), Small Faces (Get Yourself Together) e James Brown (I Got You, alias I Feel Good) e una A Solid Bond In Your Heart che verrà poi recuperata nel repertorio degli Style Council.
Chris Isaak
La celebrazione dell’immaginario di Isaak — perfettamente centrato dal ritratto di copertina, uno spettacolare bianco e nero di Bruce Weber, che lo coinvolge anche nel film Let’s Get Lost, dedicato a Chet Baker — raggiunge il suo culmine in questo disco malinconico e tenebroso. Al binomio Isaak/Wilsey si aggiungono gli altri Silvertone Kenney Dale Johnson (batteria) e Rowland Salley (basso), ma è sempre il chitarrista a sostenere il difficile compito di dialogare con la voce del leader. Isaak trasforma in uno dei suoi un vecchio pezzo degli Yardbirds, Heart Full Of Soul, ma soprattutto scrive delle canzoni romantiche e bellissime: You Owe Me Some Kind Of Love, Lie To Me, Fade Away, Cryin’ e Waiting For The Rain To Fall.
I’m The Man
Uscito a ridosso del precedente, il secondo LP di Jackson ha il solo difetto di esserne una copia carbone. Poco male, comunque, perché la formula resta freschissima e le esecuzioni (con il medesimo trio, in cui spicca il basso rotondo di Graham Maby) anche: On Your Radio, Friday e I’m The Man sono nuovi sfavillanti esempi di power pop brillante e acuminato, It’s Different For Girls una melodica delizia.